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INAPPLICABILITA’ DEL PRINCIPIO DI EQUIVALENZA IN CASO DI OFFERTA TECNICA INIDONEA (ART. 68 D. LGS. N. 50/2016) – NOTA A SENTENZA DEL CONSIGLIO DI STATO, SEZ. V, 20.06.2022, N. 5027.

Il principio di equivalenza trova il proprio referente normativo nell’art. 68, comma 7, d. lgs. n. 50/2016, secondo il quale, “quando si avvalgono della possibilità di fare riferimento alle specifiche tecniche di cui al comma 5, lettera b), le amministrazioni aggiudicatrici non possono dichiarare inammissibile o escludere un’offerta per il motivo che i lavori, le forniture o i servizi offerti non sono conformi alle specifiche tecniche alle quali hanno fatto riferimento, se nella propria offerta l’offerente dimostra, con qualsiasi mezzo appropriato, compresi i mezzi di prova di cui all’articolo 86, che le soluzioni proposte ottemperano in maniera equivalente ai requisiti definiti dalle specifiche tecniche”.

Attuando l’art. 42 della direttiva 2014/24/UE e “permeando” la disciplina dell’evidenza pubblica, il princìpio in esame risponde, da un lato, ai principi costituzionali di imparzialità, buon andamento e libertà d’iniziativa economica privata e, dall’altro, al principio di libera concorrenza, che vedono quale corollario il favor partecipationis alle gare pubbliche.

In tale ottica, se può ammettersi (ed anzi lo impone il legislatore con la norma citata) che, “ai fini ampliativi della platea dei concorrenti, un prodotto offerto debba ritenersi funzionalmente equivalente a quello richiesto, sebbene carente di una specifica tecnica contemplata dalla lex specialis, analoga esigenza normativa non si configura laddove si tratti della assegnazione dei punteggi, giustificandosi in tale contesto procedimentale che la stazione appaltante si garantisca il raggiungimento di un determinato livello prestazionale attraverso la previsione di una caratteristica tecnica che debba essere inderogabilmente posseduta dai prodotti offerti in gara al fine di beneficiare del corrispondente punteggio qualitativo” (cfr. ex multis, Consiglio di Stato sez. III, 23/03/2022, n.2128).

Orbene, il principio di equivalenza presuppone la corrispondenza delle prestazioni del prodotto offerto, ancorché difforme dalle specifiche tecniche indicate dalla stazione appaltante, quale “conformità sostanziale” con le specifiche tecniche, nella misura in cui queste vengano nella sostanza soddisfatte (Cons. Stato, V, 25 marzo 2020, n. 2093).

Ne deriva che, nell’ambito di una procedura a evidenza pubblica, le caratteristiche minime stabilite nella documentazione di gara non devono intendersi come vincolanti nel quomodo, ma soltanto quoad effectum, nel senso che le offerte sono ritenute rispettose della lex specialis laddove siano, comunque, capaci di conseguire il fine ultimo dell’affidamento (Cons. Stato, IV, n. 4353/2021).

Sul tema, i giudici di Palazzo Spada hanno recentemente -ed ancor più incisivamente- posto dei limiti all’applicabilità del principio di equivalenza nei termini che seguono.

Afferma, infatti, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 5027 del 20.06.2022, che <<se il principio è diretto ad evitare che le norme obbligatorie, le omologazioni nazionali e le specifiche tecniche possano essere artatamente utilizzate per operare indebite esclusioni dalle gare pubbliche, fondate sul pretesto di una non perfetta corrispondenza delle soluzioni tecniche offerte con quelle richieste, ne viene come diretta conseguenza che esso, quale misura diretta ad assicurare che la valutazione della congruità tecnica dell’offerta non si risolva in una verifica formalistica ma consista nell’apprezzamento della sua conformità sostanziale alle specifiche tecniche inserite nella lex specialis, non possa essere invocato per ammettere offerte tecnicamente inappropriate>>.

Tale ragionamento è applicabile anche a soluzioni che, sul piano oggettivo funzionale e strutturale, non rispettino le caratteristiche tecniche obbligatorie, configurandosi, quindi, come un aliud pro alio.

 

Avv. Rosario Giommarresi

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